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Dona un Sorriso

Viaggio in Repubblica Dominicana e Haiti

(maggio 2013)

Carissimi,
desidero raccontarvi qualche cosa sul viaggio che ho appena concluso in Repubblica Dominicana e in Haiti.

Dal 2010 non visitavo quella zona ed era quindi tempo che qualcuno andasse a vedere un po’ come vanno le attività del C.C.D.H., l’organismo locale che DONA UN SORRISO sta finanziando da due anni e più.

Non sto a dilungarmi sui dettagli del mio viaggio e cercherò invece di spiegarvi le cose che ho visto e i contatti che ho avuto. La prima parte di questo scritto (la più lunga) riguarda il C.C.D.H., cioè l’impegno che da due anni stiamo conducendo. La seconda parte riguarda invece ulteriori possibilità di interventi, soprattutto in Haiti, che potremmo esaminare nelle prossime settimane. Dovremo parlarne assieme, per capire se è bene e se possiamo in questo momento aprire nuove destinazioni.

Direi che il C.C.D.H. e la scuoletta che stiamo finanziando nel batey di Los Güandules non mi hanno riservato grandi sorprese: ho visto più o meno quanto mi aspettavo di vedere. Il primo anno abbiamo finanziato la costruzione della cucina, il cibo per i bambini e lo stipendio per le due insegnanti e per la cuoca. Il secondo anno abbiamo finanziato la costruzione di un muro di cinta della scuola, oltre naturalmente al cibo e stipendi. Il contesto del batey è quello che sappiamo: un agglomerato di baracche e casette poverissime, a lato di uno stabilimento per la produzione di zucchero. Dopo parecchi anni di crisi, attualmente c’è una certa ripresa della produzione, per cui la mano d’opera maschile è attualmente abbastanza richiesta per il taglio della canna. È un lavoro faticosissimo e mal pagato, ma meglio così, piuttosto che la fame nera o la necessità di vivere di espedienti. Dire che c’è “una certa ripresa” è una parola grossa, ma si può forse parlare di una certa parvenza di miglioramento, rispetto a due o tre anni fa. In mezzo a tutta quella povertà, la scuoletta appare ordinata e bene organizzata, c’è una stanzona divisa in due per formare due aulette, e a parte c’è la cucina con annesso un piccolo refettorio.

Dal punto di vista didattico, la situazione è la seguente. I bambini del batey vivono fino ai sei anni liberi come uccelli. Se piove si bagnano e giocano nel fango, se c’è il sole sudano, giocano e si azzuffano nella polvere, fra sporcizie, cani, maiali, eccetera.

Escuela Infantil
Qui vedete a sinistra due collaboratori locali e a destra, di fianco a me, Antonio Pol Emil (dedtto Polo), direttore del C.C.D.

Da qualche tempo, lo stato ha organizzato una scuola pubblica primaria, che teoricamente dovrebbe essere aperta solo per i bambini di nazionalità dominicana. Di fatto poi la frequentano un po’ tutti, anche quelli che non hanno alcun documento. Il problema è che per loro il passaggio dalla vita “selvaggia” alla disciplina della scuola rimane un passaggio molto difficile e i risultati sono pessimi.

Il C.C.D.H. ha così pensato di spendersi in favore dei bambini più piccoli, cioè dai tre ai sei anni, una specie di asilo infantile. In questo modo, i bimbi sin da piccolissimi imparano a giocare
in maniera disciplinata e ad apprezzare alcuni valori che vengono loro trasmessi dalle insegnanti. Questo è molto importante e permette poi, quando passano alla scuola pubblica, di raggiungere buoni risultati. Chissà, poi, anche nella vita. Intanto li si vedono contenti, sereni, ben nutriti e fisicamente a posto; questo è già molto.

Qui a lato vedete una delle maestre che sta aiutando i bambini a lavarsi le manine prima di andare a mangiare.
Qui a lato vedete una delle maestre che sta aiutando i bambini a lavarsi le manine prima di andare a mangiare.

Ho passato dei momenti molto belli e di vera gioia, vedendo la materializzazione di tanti sforzi nostri e dei nostri benefattori, in quel luogo di tante sofferenze e ingiustizie. La bellezza di quei bambini e di quei sorrisi è stata per me un motivo di riflessione profonda su come in questo pianeta il bene e il male, le bellezze e gli orrori, le forze e le debolezze si possano trovare ovunque e nei luoghi più impensati. Da parte nostra, individuare e sostenere alcuni luoghi privilegiati di crescita umana, la cui importanza e bellezza risaltano ancora di più nello squallore del contesto, è sicuramente una cosa che ci deve far sentire contenti.

Abbiamo poi passato un’intera mattinata con i responsabili del C.C.D.H., parlando del funzionamento dei nostri rispettivi organismi, e lasciando spazio a considerazioni riguardanti l’importanza del nostro impegno e delle motivazioni che ci spingono ad operare bene.

Altre prospettive.

Haina. È un lurido suburbio di Santo Domingo. Durante gli anni scorsi, abbiamo già aiutato le scuolette di Cacique e Bellavista attraverso Oné Respe. Questo organismo, che abbiamo smesso di finanziare dal 2011, ha attraversato un benefico momento di crisi, che ha favorito alcuni ripensamenti ed una certa riorganizzazione. Attualmente usufruisce di aiuti statali per il pagamento degli stipendi agli insegnanti, e questo (oltre all’indubbio sollievo economico) è un riconoscimento molto importante da parte dello stato. Avrebbero bisogno una mano per integrare la mensa ai bambini delle scuolette di Haina. Chabela, la coordinatrice locale, ci farà avere un preventivo.

Wanamént 1. Qui siamo in Haiti, appena al di là del confine, nel lato settentrionale dell’isola. Giulia Giudici, una ragazza che tempo fa avevo guidato in un’esperienza di volontariato in quella zona, ora lavora per l’Unione Europea proprio in quel difficile contesto. È stata lei a darmi le indicazioni e i contatti necessari. Il primo è stata FAM PA CHITA, un’organizzazione di donne, che avrebbero bisogno di rimpinguare le casse per continuare un’esperienza già collaudata di microcredito. Anche un piccolo contributo, diciamo 500 o 1.000 euro, sarebbe per loro risolutivo per la continuazione di questo ramo di attività.

Wanamént 2. Ho poi visitato un’organizzazione impegnata nella protezione e sostegno medico-legale di donne vittime di violenze e abusi. Si chiama KOFANE e si tratta di un gruppo locale, collegato con altre organizzazioni di quel tipo. L’impressione è stata di un gruppo abbastanza bene strutturato e motivato, ovviamente formato da tutte donne. Siamo rimasti d’accordo che ci manderanno un paio di ipotesi di richieste di aiuto.

Wanamént 3. Da diversi anni conosco una comunità di suore colombiane, molto brave, che operano a Wanamént. Parlando con loro, mi è venuta un’idea e ho chiesto che rapporti ci sono fra loro e i protestanti di quel paese. Mi hanno detto che con i luterani vanno molto d’accordo e non ci sono problemi. Abbiamo quindi organizzato al volo un incontro a tre, io, la superiora e il pastore. L’idea mi è venuta per il fatto che per noi un finanziatore importante è la Tavola Valdese, che sono protestanti. Ho pensato che i Valdesi potrebbero vedere quindi di buon occhio un progetto cogestito da cattolici e protestanti. Infatti l’ecumenismo è un punto sul quale i Valdesi sono molto sensibili, quindi le probabilità di accoglimento sono probabilmente alte. Intanto vediamo se i due (la suora e il pastore) riescono a mettere in piedi qualche cosa di realmente buono per la gente i Wanamént, qualche cosa che poi non abbia necessità di grandi fondi per il mantenimento ordinario. Poi vedremo assieme di valutare quali progetti presentare entro novembre ai Valdesi.

Ecco, come vedete, il viaggio, anche se piuttosto breve, ha fornito diversi spunti per inventare cose nuove da mettere in cantiere, sempreché ne abbiamo poi concretamente le forze. Vedremo.

In questo viaggio mi ha accompagnato un mio amico, il Francesco Caporali, che non fa parte di DONA UN SORRISO, ma che mi è stato di preziosa compagnia.

Vi terrò aggiornati.