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Poveri, sempre più poveri – notizie dall’Uganda

Clima, scelte politiche, sanità: il mix letale che porta allo stremo la popolazione ugandese

Abbiamo ricevuto da suor Ernestina un messaggio che descrive la situazione ugandese e ciò che, nonostante tutte le avversità, riesce a fare l’Ospedale Bishop Asili. Ve lo riportiamo per sommi capi:

Come colpi di martello su un vaso di coccio Covid, Ebola, il conflitto in Ucraina e la siccità si sono abbattuti sulla fragile economia ugandese.
La maggioranza della popolazione ancora vive con meno di un dollaro al giorno, occupandosi della coltivazione del proprio terreno.
Il cambiamento climatico con le sue violente manifestazioni mina alla base le piccole economie familiari e l’incremento generale dei prezzi fa il resto.
Nel mentre la politica si dimostra debole e poco impegnata nella lotta alla povertà e nel sostegno alla crescita economica.

Per quanto riguarda la sanità (e quindi l’ospedale Bishop Asili), il governo ha tagliato drasticamente i finanziamenti al settore, come pure a tutti gli altri ministeri, allo scopo di arginare il forte indebitamento pubblico. Nella pratica, questo significa che al Bishop Asili (come pure a tutti gli altri ospedali non statali) d’ora in avanti non giungeranno più quei fondi che venivano utilizzati per coprire parzialmente i costi per i farmaci, le vaccinazioni e le attività di prevenzione nei villaggi.
Questo si tradurrà in una carenza dei medicinali a disposizione e nell’impossibilità di recarsi nei villaggi per le vaccinazioni e le azioni di contrasto alla diffusione di malattie come la malaria e il virus HIV/AIDS. Ne nascerà un circolo vizioso: dal peggioramento dello stato di salute nei nuclei familiari, l’impossibilità di coltivare. Dalla mancanza di risorse economiche, l’impossibilità per i bambini di nutrirsi adeguatamente e accedere all’istruzione scolastica (che prevede il pagamento delle tasse scolastiche). Malnutrizione e salute compromessa vanno di pari passo. Tutto questo si chiama povertà.

Quanto detto fino ad ora presenta un quadro cupo e sconfortante, ma vogliamo concludere con una nota positiva. Come è capitato in altri momenti del passato, c’é una qualità particolare che ammiriamo nel nostro partner e per definirla useremo un termine molto di moda: resilienza.
Di fronte a questa situazione, infatti, l’ospedale si sta organizzando per lavorare non più solo sul fronte della cura e della prevenzione delle malattie, ma per dare sostegno alle difficoltà economiche della popolazione.
Come? Sostenendole  nelle loro attività economiche di sussistenza, fornendo conoscenze utili a fare meglio quello che fanno e ad intraprendere nuove attività. Non si tratta di un percorso facile: per concretizzarlo, c’è bisogno di persone esterne competenti e capaci di trasmettere il loro sapere. Speriamo che queste figure vengano presto individuate e se qualcuno tra di noi pensa di poter dare il suo contributo in questo senso, batta un colpo.